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416 | rinaldo ardito. |
5 Ma dirò quando, per crudel fortuna,
Prigion restò Francesco re di Francia;
Chè, oltra che allor1 non fu persona alcuna
Che non bagnasse per dolor la guancia,
Io credo che pensasse anco ciascuna
Alfonso più che mai stare in bilancia,2
Per essersi sì a lui fedel mostrato
Allor, quanto alcun mai tempo passato.
6 Ma con prudenzia e suo nativo senno,
Oltra ogni fede e pensamento accorto,
Placato ha quelli che prigione il fenno,
Ed ha il naviglio suo condutto in porto.
Così far tutti i gran principi denno,
Chè vincer fa talor prudenzia il* 1 torto:
Così Cristiani, per salvarsi il* 2 regno,
Vincer cercan per forza e per ingegno.3
7 Io vi lassai che Namo era già mosso
Contra la schiera di Tricardo altiero,
E che Rinaldo taglia insino all’osso
Quanti ne assalta, più che giammai fiero.
Gridando tutti: — Ammazza, addosso addosso, —
Estrema occisïon di Pagan fêro:
Alardo, Ricciardetto e la sorella,
Contra Pagani ciaschedun* 3 martella.
8 Dall’altro canto, pur Doranio sorse
All’improviso contra i Saracini,
E lor tal tema nelle vene porse,
Che stimano che ’l ciel tutto rovini:
Fugge ciascun, ciascuno in frotta corse* 4
Per schifar li nimici a sè* 5 vicini:
Ciascun si pone in tal disordinanza,
Che solo nel fuggire hanno speranza.