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410 | rinaldo ardito. |
Ch’io pensi che ciò a lui sia manifesto.
Vanne, sorella, e digli che non erri,
Ch’oggi vittoria aranno i nostri ferri. —
89 Inteso ch’ebbe Bradamante il tutto,
Verso Parigi punse il suo destriero;
E come ben Rinaldo avea condutto
Il suo disegno, disse al franco Ugiero:
A cui, poi che l’udì, non parve brutto
Del buon* 1 Rinaldo l’ordine e il* 2 pensiero;
Anzi, per darli con prestezza effetti,
Ebbe dui capi con lor squadre eletti.
90 L’uno fu Namo, e l’altro Ricciardetto;
La sesta schiera ha quel, questo la nona:
Et ad ambi narrò tutto l’effetto,
Perch’esso andar non vi volse in persona;
Chè un capitanio generale eletto,
Raro non mai l’esercito abbandona:
E però a quelli revelò il secreto;
Di che ciascun di lor funne assai lieto.
91 Così per via dove non fusser visti,
Con le lor schier’ li capi se avvioro
Per ritrovare i Saracin sprovvisti,
E contro essi adoprar le spade loro.
Spera ciascun di far solenni acquisti,
Poi che del tutto bene instrutti fôro.
Ma vadan quelli; io tornerò al Danese,
Che ove è Carlo rimase, e ad altro attese.
92 Per impedir che quei ch’erano in fatti,
Tenessero ivi il lor combatter saldo,
Nè addietro fusser dal rumor retratti,
Quando l’assalto arà fatto Rinaldo;
Con strattagemme e ingenïosi tratti
(Di che esser debbe sempre un capo caldo),
Gano mandò* 3 con la settima schiera
Dove la prima pugna in gran colmo era.
93 Con trenta milia di sue genti pronte,
E con molti de’ suoi conti malvagi,
Entrò in battaglia il Magazense conte,
E seco avea Beltramo e Bertolagi,
Falcon, Sanguino, Spinardo e Lifonte,