Pagina:Ariosto-Op.minori.1-(1857).djvu/430


canto secondo. 401

Ma Malagigi l’animo non perse;
Anzi rispose bene al lor dimando:
Chè a chi per dargli o lo pigliar1 s’accosta,
Con pugni e calci fa buona risposta.

48 Gridava ognun: — Pigliamo sto mal guerzo — 2
(Chè così è il spirto in forma del gran conte):
Ma Malagigi lor fa stranio scherzo,
E a chi una gota rompe e a chi la fronte;
Dui fece tramortire, e occise il terzo,
E contra li altri ha ancor sue forze pronte;
E ad un di lor, che gli contrasta invano,
Tolse per forza un gran baston di mano.

49 Questo vedendo li altri, e che ben li unge,
Ciascun sta largo, e il guardano alle mani.* 1
— Dàlli dàlli, — ciascun grida da lunge,
Come quando talor son tocchi i cani,
Che abbajan3 pure, e alcun non morde o punge,4
E vanno intorno oppur stanno lontani:
Così fan quelli, e gridano sì forte
Che udito già l’avea tutta la corte.

50 Milon vi corse, il conte e il gran Fondrano,
Rosadoro, Arideo, con altri insieme:* 2
Ciascun teneva o brando o spiedo in mano,
Chè chi il caso non sa, di peggio teme.
Allora Libichel si fa più strano;
Il baston gira, e di gran furia freme
Per provocar più il conte e li altri in ira;
Corre al nemico, grida, salta e gira.

51 Intanto coi compagni il conte giunse,
E il tempo prese allora Libichello;
Per non mostrarsi Orlando a Orlando,* 3 assunse
Novella forma, come giunse quello;
Effigie da baston proprio si aggiunse,5
E divenne di un uomo un asinello.


  1. Per dargli (busse) o per pigliarlo.
  2. Orlando viene dai poeti e romanzieri dipinto come guercio o strabo. — (A.-G.)
  3. MS.: abaglian.
  4. Nel MS.: onge, da longe, ponge.
  5. Ivi: gionse (anche fuori di rima), assonse, aggionse.
  1. * Chi se gli fe’ vicin, stavan lontani.
  2. * in frotta.
  3. * mostrar sua forma al conte.

34°