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Coll’auree corna rinnovelli l’anno.
A nuova primavera inusitati
Colori porta il suol; natía ghirlanda
Si fan di varî fior gli orti di Alcide;
Coll’arte onrata in che ciascun più vale
Or te festeggia: e noi, che alle Camene
Additti siamo in fin dagli anni primi,
Lieti cantiam tue nozze in carme alterno.
Caro Imen, dolce Imene, Imenéo, vieni.
Romani.
Crudo Imene, ai Romani Imenéo infesto,
Che alle lacrime puoi toglier di afflitti
Parenti timorosa verginella,
E data in braccio di marito ardente
Lungi menarla fuor del natío nido:
Crudo Imene, ai Romani Imenéo infesto.
Ferraresi.
Dolce Imen, caro Imene, Imenéo, vieni,
Che a giovinetto innamorato cerchi
Di unire innamorata verginella;
Che degli amanti alle segrete pene
Pietoso sei, nè sai lasciar fanciulla
Ad isfiorir in solitario letto;
E cittadi per gran tratto divise
Di nodo genïal stringer ti piaci:
Dolce Imen, caro Imene, Imenéo, vieni.
Romani.
Voi per candor leggiadro un dì lodate
Fanciulle, che abitate in riva al fiume
Ov’ebbe tomba il mal cauto Fetonte,
Perchè dipinte di letizia il viso
Movete incontro alla novella sposa?
Non vi accorgeste voi che al primo lampo
Di maggior lume, il vostro ebe, e vien meno,
Come Boote all’apparir del Sole,
La beltà che vi fea vaghe cotanto?
Crudo Imene, ai Romani Imenéo infesto.