Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
I versi latini di messer Lodovico sono una prova assai splendida dell’educazione letteraria da lui ricevuta nella prima gioventù, e la conferma in atto di ciò ch’egli afferma, applaudendosi dell’aver avuto a maestro Gregorio da Spoleti, nella Satira settima, e nell’ode qui prossima, sotto il numero III. In essi molto meno che nei canti epici e in ogni altra specie d’italiane scritture, appariscono le incertezze e le imperfezioni procedenti dall’età o da mancanza di un autorevole correggitore: in essi, come a noi sembra, l’autore compiace più liberamente al suo genio; sicchè, nel loro complesso, non dubitiamo di anteporli alle composizioni liriche da lui lasciateci nella lingua materna.
Nelle stampe che sin qui se ne fecero, queste poesie vanno divise in due libri, seguendo quasi appendice al secondo quelle cose che il decorso degli anni ebbe via via condotto a scoprire. Noi, meglio riunendole, credemmo utile il distinguerle in tre parti: la prima delle quali contiene i poemetti, gli epicedi, le odi e altri carmi di qualche lunghezza; la seconda, gli epigrammi, con tuttociò che a tal genere può riferirsi; la terza, gli sculti (se pur ve n’ha) o memorativi epitaffi.
Niuno tra i commentatori del nostro poeta avea tentato d’illustrare con note questa porzione, per verità, non troppo facile, degli scritti di lui; onde a noi pure l’esperimento fattone tornò più malagevole di quello che non ci eravamo dapprima dati a credere. Domandiamo perciò scusa a chi legge se non tutte le particolarità, storiche o biografiche, a cui lo scrittore fa cenno, poterono da noi ricevere una competente riprova o spiegazione, dacchè non poche tra quelle son tali, che non ne’ libri più noti ed ovvii debbano ricercarsi, ma o ne’ ricordi municipali o famigliari, e forse nel mare magno delle novelle nazionali.
Le versioni che soggiungiamo dànno indizio del pensiero che in noi fu di procurare la traduzione intera di questi Carmi, che sappiamo essere fra i più esquisiti della rinnovata latinità, e tenuti dagl’intelligenti tutti in gran pregio. Ma l’impresa, benchè ripartita tra molti amatori del buon Ferrarese, richiedeva più tempo che non era dato al compiere la stampa di questo volume. Comecchessia, non mancherà, spero, chi voglia saperci grado dell’avuta intenzione.
27° |