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SONETTI.




Sonetto I.


     Perchè, Fortuna, quel che Amor m’ha dato,
Vuômi contender tu, l’avorio e l’oro,
L’ostro e le perle e l’altro bel tesoro,
4Di ch’esser mi credea ricco e beato?
     Per te son d’appressarmegli vietato,
Non che gioirne, e in povertà ne môro:
Non con più guardia fu sul lito moro1
8Il pomo dell’Esperidi servato.
     Per una ch’era al prezïoso legno,2
Cento custodie alle ricchezze sono
11Ch’Amor già di fruir mi fece degno.
     Ed è a lui biasmo: egli m’ha fatto il dono:
Che possanza è la sua, se nel suo regno,
14Quel che mi dà, non è a difender buono?


  1. Della Mauritania.
  2. Leggiamo col Barotti, che trasse questa variante da due antiche copie a penna; credendo meglio significarsi con questa voce, che con l’altra di altre stampe (pegno), l’albero produttore dei pomi nell’orto delle Esperidi.