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pugni datogli nel mostaccio; poi appiccato per un piede in mezzo al Po, ad un alto stilo, sopra il ponte di Castel Tedaldo, fin che cadette nell’acqua.»

Anche Francesco Inghirami, primo fra gli editori dell’intera Egloga, compendiando le Antichità Estensi del Muratori, aveva fatto avvertire, «che la cospirazione ebbe origine da frivoli motivi; da gare, cioè, di bellezza, le quali giunsero a tale, che dal cardinale Ippolito si tentò di far cavare gli occhi a Giulio, che con essi le ferraresi donne vantavasi innamorare. Questi, concepito contro di quello un odio implacabile, cominciò a tramarne la morte. Pur nondimeno, nulla osava per timore del duca. Ma scoperto alfine che Ferrante lagnavasi d’esser nato un anno dopo Alfonso suo fratello regnante, più del quale stimavasi atto a governare, diedesi a stimolare l’ambizioso suo animo contro lo stesso duca; e su questo, ambedue di concerto, andarono ideando varie maniere di veleni o di ferite, per privarlo di vita.»





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