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e ruina di molti altri: e fu scoperta la cosa, e preso il detto conte Albertino, Gherardo de’ Roberti suo genero, ed un Franceschino da Reggio, cameriero del detto signor don Ferrante. Ed esaminati tutti tre, confessarono il fatto; e ritrovati conscii e partecipi del trattato in crimine lesæ maiestatis, furono condotti dal Castel vecchio sopra un carro, insieme, su la piazza di Ferrara; e quivi, sopra uno eminente tribunale, per mano di un mastro di giustizia, vestito di calze di scarlatto ed uno giupone di raso cremesino, furono l’uno dopo l’altro incoppati e squartati, e le teste loro poste in cima della torre del palazzo della Ragione; ove stettero molti anni.

«Preso che fu il conte Albertino, don Giulio se ne fuggì a Mantova; e don Ferrante, che non seppe o non ebbe tempo di fuggire, benchè ne fosse avvertito, fu distenuto e condotto in Castel vecchio; ed in breve fu anco condotto da Mantova don Giulio: e benchè per la confessione dell’uno e dell’altro avessino meritato la morte, nondimeno il signor duca Alfonso ebbe più rispetto alla fraterna pietade, che alla crudele deliberazione fatta da essi nella persona sua. Così, per riverenza di Dio, procedendo alquanto mitemente, elesse di servarli in vita, ma confinarli in perpetua carcere; e feceli porre ambedue in una camera della torre di Castel vecchio, verso settentrione, che guarda lungo la Giudecca, ove stettero con un servitor solo...; ed erano serviti e trattati benissimo del vivere e vestire, e secondo che essi stessi sapevano domandare: e furono dal signor duca molte delle loro robe distribuite a’ lor servitori...

«Fu poi anco condotto da Roma un Gian, che era partecipe del trattato; e fu, di ordine di papa Giulio II, consegnato a chi il prefato duca mandò per esso. Costui era stato suo cantore, ed era venuto in tanto favore seco, ch’esso duca gli avea dato e fatto avere beneficii per sino a ottocento scudi d’entrata. Condotto a Ferrara, fu posto in una gabbia di ferro, fuori della suddetta torre, dalla parte di settentrione, di mezzo verno, con un paro di calze di tela, un grigio semplice sopra la camicia; avendogli tagliato l’unghie de’ piedi sino sul vivo. E dopo che in essa gabbia fu stato alquanti giorni, ad imitazione di Giuda traditore, s’impiccò da sè una notte, con una tovaglia che serviva da mandargli in gabbia il mangiare. Ed è da sapersi che, quando fu condotto da Roma, a pena lo potero guidare salvo sino in Castello; chè i fanciulli ed il popolo, per l’amore che portavano al lor signore, lo volevano lapidare: ma non potè già fuggire che non gli fossero i peli della barba strappati, e di molte guanciate e