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capitolo terzo. 255

Tra il re Filippo Bello e il re Odoardo,
12Che con Inglesi Francia avea assalita.
     E l’uno e l’altro esercito gagliardo
Men di due leghe si stava vicino
15Nei bassi campi appresso il mar Piccardo.
     Ed ecco che dal campo pellegrino
Venne un araldo, e si condusse avanti
18Al successor di Carlo e di Pipino:
     E disse, udendo tutti i circostanti,
Che nel suo campo, tra li capitani
21Di chiaro sangue di virtù prestanti,
     Si profería un guerrier con l’arme in mani
A singolar battaglia sostenere,
24A qualunque attendato era in quei piani,
     Che quanto d’ogni intorno può vedere
Il vago sol, non è nazion che possa
27Al valor degl’Inglesi equivalere.
     E se tra’ Franchi, tra la gente mossa
In suo favore, è cavalier che ardisca,
30Per far disdir costui metta sua possa.
     Per l’ultimo d’april l’arme espedisca,
Che ’l cavalier che la pugna domanda,
33Non vuol ch’oltra quel dì si differisca.
     — Come è costui nomato, che ti manda? —
Domanda il re all’araldo; e quel rispose,
36Che avea nome Aramon di Nerbolanda.
     Gli spessi assalti, e l’altre virtüose
Opere d’Aramon erano molto
39In l’uno e in l’altro esercito famose;
     Sì che a quel nome impallidire il volto
Alla più parte si notò del stuolo,
42Che presso per udir s’era raccolto.
     Indi levóssi per le squadre a volo
Alto il tumulto, come avesse insieme
45Tanta gente impaurito un uomo solo.
     Non altrimenti il mar, se dall’estreme
Parti di tramontana ode che ’l tuono
48Faccia il ciel risuonar, mormora e freme.
     Quivi gente di Spagna, quivi sono
D’Italia, d’Alemagna; quivi è alcuno
51Buon guerrier, più al morir che al fuggir prono.
     Al cospetto del re si trovava uno