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satira settima. 207

     Ma poi che vide poco fruttüose
L’opere, e il tempo in van gittarsi, dopo
162Molto contrasto, in libertà mi pose.1
     Passar venti anni io mi trovavo, e d’uopo
Aver di pedagogo; chè a fatica
165Inteso avrei quel che tradusse Esopo.2
     Fortuna molto mi fu allora amica,
Che mi offerse Gregorio da Spoleti,3
168Che ragion vuol ch’io sempre benedica.
     Tenea d’ambe le lingue i bei secreti,
E potea giudicar se miglior tuba
171Ebbe il figliol di Venere o di Teti.
     Ma allora non curai saper di Ecuba
La rabbiosa ira, e come Ulisse a Reso
174La vita a un tempo e li cavalli ruba;
     Ch’io volea intender prima in che avea offeso
Enea Giunon, che ’l bel regno da lei
177Gli dovesse d’Esperia esser conteso;
     Che ’l saper nella lingua degli Achei
Non mi reputo onor, s’io non intendo
180Prima il parlar de li Latini miei.
     Mentre l’uno acquistando, e differendo
Vo l’altro, l’occasion fuggì sdegnata,
183Poi che mi porge il crine, ed io nol prendo.
     Mi fu Gregorio dalla sfortunata
Duchessa tolto, e dato a quel figliuolo
186A chi avea il zio la signoría levata.
     Di che vendetta, ma con suo gran duolo,
Vide ella tosto: ahimè, perchè del fallo
189Quel che peccò non fu punito solo!4


  1. Intercedendo a pro del poeta il suo cugino e coetaneo Pandolfo Ariosti, più volte lodato nelle poesie latine di Lodovico, e in questo stesso componimento. Baruffaldi, Vita ec., pag. 66 e seg.
  2. Cioè, Fedro.
  3. Gregorio da Spoleto, agostiniano, maestro dell’Ariosto e di Alberto Pio da Carpi, fu ottimo grecista e letterato. Isabella d’Aragona, vedova di Giovan Galeazzo Sforza, lo prese per institutore di suo figlio Francesco, a cui Lodovico Sforza, detto il Moro, suo zio, aveva usurpato lo stato di Milano. Poco dopo il Moro cadde nelle mani di Luigi XII re di Francia. Isabella con la sua figlia Bona si rifugiò in Ischia, ove finì i suoi giorni; e Francesco condotto dai Francesi a Lione, si vestì monaco nella badía di Borgogna, e per una caduta da cavallo morì. Gregorio, ai preghi d’Isabella, avendolo accompagnato in Francia, vi finì anch’esso di vivere. — (Molini.)
  4. È noto come Lodovico il Moro, aprendo le porte a’ Francesi nel 1494,