Mi dà e piacer; ma non, come s’io sento 99Che viva il pregio de’ poeti e moja.1
Altrimenti mi dolgo e mi lamento
Di sentir riputar senza cervello 102Il biondo Aonio, e più leggier che ’l vento;
Che se del dottoraccio suo fratello2
Odo il medesmo, al quale un altro pazzo 105Donò l’onor del manto e del cappello.
Più mi duol che in vecchiezza voglia il guazzo
Placidïan, che gioven dar soleva, 108E che di cavalier torni ragazzo;
Che di sentir che simil fango aggreva
Il mio vicino Andronico, e vi giace 111Già settant’anni, e ancor non se ne lieva.
Se mi è detto che Pandaro è rapace,
Curio goloso, Pontico idolatro, 114Flavio biastemator, via più mi spiace,
Che se per poco prezzo odo Cusatro
Dar le sentenze false, o che col tôsco 117Mastro Battista mescoli il veratro;
O che quel mastro in teología, ch’al tosco
Mesce il parlar facchin, si tien la scroffa, 120E già n’ha dui bastardi, ch’io conosco;
Nè per saziar la gola sua gaglioffa
Perdona a spesa, e lascia che di fame 123Langue la madre e va mendica e goffa:
Poi lo sento gridar (che par che chiame
Le guardie) ch’io digiuni, e ch’io sia casto, 126E che quanto me stesso, il prossimo ame.
Ma gli error di questi altri così il basto
Di miei pensier non gravano, che molto 129Lasci il dormir, o perder voglia un pasto.
Ma per tornar là donde io mi son tolto,
Vorrei che a mio figliuolo un precettore 132Trovassi, meno in questi vizî involto;
Che nella propria lingua dell’autore
↑Il biasimo e l’onore degli altri studi mi danno noja e piacere; ma non come quello che io provo quando sento che l’onore de’ poeti risplende per virtù, o si oscura per vizio. — (Molini.)
↑Allusioni a persone oggi sconosciute. Il medesimo è da dirsi rispetto ai nomi che seguono, di cui parte accenna, pur troppo, ad uomini di lettere e poeti; ed altra a persone di professioni da questa diverse.