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satira quarta. 181

     In casa mia mi sa meglio una rapa
Ch’io cuoca, e cotta su ’n stecco m’inforco,
45E mondo, e spargo poi di aceto e sapa,
     Che all’altrui mensa tordo, starna o porco
Selvaggio; e così sotto una vil coltre,
48Come di seta o d’oro ben mi corco.
     E più mi piace di posar le poltre
Membra,che di vantarle che agli Sciti
51Sien state, agl’Indi, agli Etïopi, ed oltre.
     Degli uomini son varî gli appetiti:
A chi piace la chierca, a chi la spada,
54A chi la patria, a chi li strani liti.
     Chi vuole andare a torno, a torno vada;
Vegga Inghilterra, Onghería, Francia e Spagna:
57A me piace abitar la mia contrada.
     Visto ho Toscana, Lombardia, Romagna,
Quel monte che divide e quel che serra
60Italia, e un mare e l’altro che la bagna.1
     Questo mi basta: il resto della terra,
Senza mai pagar l’oste, andrò cercando
63Con Tolomeo, sia il mondo in pace o in guerra;
     E tutto il mar, senza far voti quando
Lampeggi il ciel, sicuro in sulle carte
66Verrò, più che sui legni, volteggiando.
     Il servigio del duca, da ogni parte
Che ci sia buona, più mi piace in questa,
69Che dal nido natío raro si parte.
     Per questo i studî miei poco molesta,
Nè mi toglie onde mai tutto partire
72Non posso, perchè il cor sempre ci resta.2
     Parmi vederti qui ridere, e dire
Che non amor di patria nè di studî,
75Ma di donna, è cagion che non vogl’ire.
     Liberamente tel confesso: or chiudi
La bocca,3 che a difender la bugia


  1. Testimonianza dei viaggi ch’egli avea dovuto fare in servigio, principalmente, del cardinal d’Este, e che gli avevano procurato il contento di veder quasi le due terze parti d’Italia, e la soddisfazione, assai pia rara, di non desiderare di più.
  2. Queste parole si credono allusive al suo amore verso l’Alessandra Benucci Strozzi.
  3. Cioè, taci.
ariosto.Op. min. — 1. 16