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172 satira terza.

45Più che del ver, del falso relatrice;
     La qual patisce mal chi l’onor ama.
Ma questa passïon1 debole e nulla,
48Verso un’altra maggior, ser Jorio chiama.
     Peggio è, dice, vedersi un nella culla,
E per casa giocando ir duo bambini,
51E poco prima nata una fanciulla;
     Ed esser di sua età giunto a’ confini,
E non aver chi dopo sè lor mostri
54La via del bene, e non li fraudi e uncini.2
     Pígliala, e non far come alcuni nostri
Gentiluomini fanno, e molti fêro,
57Ch’or giaccion per le chiese e per li chiostri.
     Di mai non la pigliar fu il lor pensiero
Per non aver figliuoli, che far pezzi
60Debbian di quel che a pena basta intiero.
     Quel che acerbi non fêr, maturi e mézzi
Fan poi con biasmo: trovan nelle ville
63E nelle cucine anco a chi far vezzi.
     Nascono figli, e crescon le faville;
Ed al fin, pusillanimi e bugiardi,
66S’inducono a sposar villane e ancille,
     Perchè i figli non restino bastardi.
Quindi è falsificato di Ferrara
69In gran parte il buon sangue, se ben guardi:
     Quindi la gioventù vedi sì rara,
Che le virtudi e li bei studi, e molta
72Che degli avi materni i stili impara.
     Cugin,3 fai bene a tôr moglier; ma ascolta:
Pensaci prima; non varrà poi dire
75Di no, s’avrai di sì detto una volta.
     In questo il mio consiglio proferire
Ti vuò, e mostrar, se ben non lo richiedi,
78Quel che tu dêi cercar, quel che fuggire.
     Tu ti ridi di me forse, e non vedi
Come io ti possa consigliar, ch’avuto
81Non ho in tal nodo mai collo nè piedi.


  1. Questo danno, questa sventura. Ser Jorio, nome, come sembra, di un coetaneo del poeta, rimasto alla posterità sconosciuto.
  2. Derubi, o rubi, giacchè il primo non è dei permessi dalla Crusca!
  3. Chiama cugino Annibale Maleguzzi perchè figliuolo di Valerio, fratello di Daria Maleguzzi, che fu madre del nostro poeta.