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satira seconda. 167

     E quando accadesse anco in questa etade,
Col mal ch’ebbe principio allora forse,
156Non si convien più correr per le strade.
     Se far cotai servigi, e raro tôrse
Di sua presenza dê chi d’oro ha sete,
159E stargli come Artofilace1 all’Orse;
     Più tosto che arricchir, voglio quïete;
Più tosto che occuparmi in altra cura
162Sì, che inondar lasci il mio studio a Lete.
     Il qual, se al campo non può dar pastura,
Lo dà alla mente con sì nobil’esca,
165Che merta di non star senza cultura.
     Fa che la povertà meno m’incresca,
E fa che la ricchezza sì non ami,
168Che di mia libertà per suo amor esca.
     Quel ch’io non spero aver, fa ch’io non brami;
Che nè sdegno nè invidia mi consumi
171Perchè Marone o Celio2 il signor chiami:
     Ch’io non aspetto a mezza estate i lumi
Per esser col signor veduto a cena,
174Ch’io non lascio accecarmi in questi fumi:
     Ch’io vado solo e a piedi ove mi mena
Il mio bisogno; e quando io vo a cavallo,
177Le bisacce gli attacco sulla schiena;
     E credo che sia questo minor fallo,
Che di farmi pagar s’io raccomando
180Al principe la causa d’un vassallo;
     O mover liti in beneficii, quando
Ragion non v’abbia, e facciami i pievani
183Ad offrir pensïon venir pregando.
     Anco fa che al ciel levo ambe le mani,
Ch’abito in casa mia comodamente,
186Voglia tra cittadini o tra villani:
     E che nei ben paterni il rimanente
Del viver mio, senza imparar nova arte,



    trarsi da Roma, accompagnato dal solo timore d’essere nella foga inseguito ed arrestato.» Queste cose accaddero negli anni 1509 e 1510.

  1. Passandoci delle favole ed anche della nomenclatura astronomica, diciamo questa voce composta di due parole greche, le quali significano Custode delle Orse. Arato, in Cicerone, De nat. Deor.: «Arctophylax, vulgo qui dicitur esse Bootes, Quod temone quasi iunctam præ se quatit Arcton.»
  2. Calcagnini, altro fra i cortigiani del cardinale Ippolito.