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canto quinto. | 111 |
Dall’altro corno, al conte di Brabante,
Alla schiera di mezzo egli s’oppone.
Bianca e vermiglia avea la sopravvesta,
Ma di ricamo d’ôr tutta contesta.
49 Nell’un quartiero e l’altro la figura
D’un rilevato scoglio avea ritratta,
Che sembra dal mar cinto, e che non cura
Che sempre il vento e l’onda lo combatta.
L’uno di qua, l’altro di là procura
Pigliar vantaggio, e le sue squadre addatta,
Con tal rumor e strepito di trombe,
Che par che tremi il mar e ’l ciel rimbombe.
50 Già l’uno e l’altro avea, con efficace
Ed ornato sermon, chiaro e prudente,
Cercato d’animar e fare audace
Quanto potuto avea più la sua gente.
Era d’ambi gli eserciti capace
Il campo, sin al mar largo e patente;
Che non s’era indugiato a questo giorno
A levar boschi e far spianate intorno.
51 I corridori, e l’arme più leggiere,
E quei che i colpi lor credono al vento,1
Or lungi, or presso, intorno alle bandiere
Scorrono il pian con lungo avvolgimento;
Mentre gli uomini d’arme e le gran schiere
Vengon de’ fanti a passo uguale e lento,
Sì che nè picca a picca o piede a piede,
Se non quanto vuol l’ordine, precede.
52 L’un capitano e l’altro a chiuder mira
Dentro ’l nemico, e poi venirgli a fianco.
Teon, per questo, il corno estende e gira,
E Ivone il simil fa dal lato manco.
Andar dall’altra parte non s’aspira,
Chè l’acqua vi facea sicuro fianco.
A Rinaldo il sinistro, al conte serra
Il destro corno il gran fiume dell’Erra.
53 L’un campo e l’altro venía stretto e chiuso,
Con suo vantaggio, dritto ad affrontarsi:
Tutte le lance con le punte in suso
Poteano a due gran selve assimigliarsi,
- ↑ Gli arcieri.