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110 i cinque canti.


44 Rinaldo li Vassari ed i Biturgi,
Taballi e Petrocori avea in governo,
E Pittoni e Lemovici e Cadurgi,
Con quei che scesi eran dal monte Averno;
E quei ch’avean tra dove, Loria, surgi,
E dove è mêta al tuo vïaggio eterno,1
Le montagne lasciate e le maremme,
Con quei di Borgo, Blaja ed Angolemme.

45 Ed oltre a questi, avea d’altro paese
E fanti e cavalier di buona sorte;
De’ quai parte avea prima, e parte prese
Dal suo signor, quando partì di corte;
Tutti all’onor di lui, tutti all’offese
De’ suoi nemici pronti sino a morte.
Dato avea in guardia questo stuol gagliardo
A Ricciardetto ed al fratel Guicciardo.

46 Unuldo d’Aquitania era nel destro,
Ivon sul fiume avea il sinistro corno:
Della schiera di mezzo fu il maestro
Rinaldo, che quel di molto era adorno
D’un ricco drappo di color cilestro,
Sparso di pecchie d’ôr2 dentro e d’intorno,
Che cacciate parean dal natío loco
Dall’ingrato villan con fumo e foco.

47 E perchè a ogni incomodo occorresse
(Chè non men ch’animoso, era discreto)
Contra quei della terra il fratel messe,
Con buona gente, per far lor divieto
Che, mentre gli occhi e le man volte avesse
A quei dinanzi, non venisser drieto,
O venisser da’ fianchi, e con gran scorno,
Oltre il danno, gli dessero il mal giorno.

48 Dall’altra parte, il capitan d’Anglante
Quelli medesimi ordini gli oppone:
Fa lungo il fiume andar Teone innante,
Figliuolo e capitan di Tassillone:


  1. Loria, per Loira: viaggio eterno, come quello che dura, secondo i moderni geografi, pel corso di dugenquaranta leghe.
  2. Fu questa l’impresa che l’Ariosto adottò per sè medesimo col motto pro bono malum: con che volle denotare l’ingratitudine del cardinale Ippolito da Este. Trovasi impressa alla fine della sua edizione del Furioso del 1532. — (Molini.)