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106 i cinque canti.

Non ammettea, se non con mani, il passo.

24 Sinibaldo, che ben sapea il cammino,
Chè vi venne talor con Malagigi,
Del qual da teneri anni picciolino
Fin a’ più forti stato era a’ servigi,
Giunse all’ostello, e trovò l’indovino
Ch’avea sdegno coi spirti aerei e stigi,
Chè scongiurati avendoli due notti,
I lor silenzî ancor non avea rotti.

25 Malagigi volea saper s’Orlando
Nemico di Rinaldo era venuto,
Sì come in apparenza iva mostrando;
O pur gli era per dar secreto ajuto:
Perciò due notti i spirti scongiurando,
L’aria e l’inferno avea trovato muto;
Ora s’apparecchiava al ciel più scuro
Provar il terzo suo maggior scongiuro.

26 La causa che tenean lor voci chete,
Non sapeva egli, ed era nigromante;
E voi non nigromanti la sapete,
Mercè che già ve l’ho narrato innante.
Quando contra l’imperio ordì la rete
Alcina, s’ammutiro in un instante,
Eccetto pochi, che serbati fôro
Da quelle Fate alli servigi loro.

27 Malagigi, al venir di Sinibaldo,
Molto s’allegra udendo la novella,
Che sia di man del traditor ribaldo
In libertà la sua cugina bella,
E ch’in la gran fortezza di Rinaldo
Si trovi chiuso in podestà di quella;
E gli par quella notte un anno lunga,
Che veder Gano preso gli prolunga.

28 Perciò s’affretta colla terza prova
Di vincer la durezza dei demoni;
E con orrendo murmure rinnova
Preghi, minacce e gran scongiurazioni,
Possenti a far che Belzebù si mova
Con le squadre infernali e legïoni.
La terra e il cielo è pien di voci orrende;
Ma del confuso suon nulla s’intende.

29 II mutabil Vertunno nell’anello