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canto quinto. 105

Venisse; e l’aspettava d’ora in ora,
Per dare a lui la guardia del castello,
E poi tornare in campo al suo fratello.

19 Marfisa ne parlò, come vi dico,
Ai duo germani, e li trovò disposti
Che s’abbia a trattar Carlo da nimico,
E far che l’odio lor caro gli costi;
Che si meni con lor Gano il suo amico,
E che su ’n par di forche ambi sian posti;
E che si scanni, tronchi, tagli e fenda
Qualunque d’essi la difesa prenda.

20 Guidon, ch’andar con lor facea pensiero,
Nè lasciar senza guardia Mont’Albano,
Espedì allora allora un messaggiero,
Ch’andò a far fretta al frate di Viviano;
E gli parve che fosse quel scudiero
Che tratto quivi avea legato Gano;
Per narrar lui, che la figlia d’Amone
Libera e sciolta, e Gano era prigione.

21 Sinibaldo, il scudier, calò del monte,
E verso Malagigi il cammin tenne;
E nol potendo avere in Agrismonte,
Più lontan per trovarlo ir gli convenne.
Ma il dì seguente Alardo entrò nel ponte
Di Mont’Albano; e bene a tempo venne,
Che, lui posto in suo loco, entrò in cammino
Guidon, senza aspettar più il suo cugino.

22 Egli e le donne, tolto i loro arnesi,
In Armaco e a Tolosa se ne vanno,
Due donzelle e tre paggi avendo presi
Col conte di Pontier che legato hanno.
Lasciamli andar, che forse più cortesi
Che non ne fan sembianti, al fin saranno:
Diciam del messo il qual da Mont’Albano
Vien per trovar il frate di Viviano.

23 Non era in Agrismonte, ma in disparte
Tra certe grotte, inaccessibil quasi,
Dove immagini sacre e sacre carte,
Sacri altar, pietre sacre e sacri vasi,
Ed altre cose appartenenti all’arte,
Delle quai si valea per varî casi,
In un ostello avea ch’in cima un sasso