Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
86 | i cinque canti. |
Presto di lor, con bel menar di mani,
Fe’ squarci e tronchi e gran pezzi da cani;
26 E via più a sè valer la spada fece,
Che ’l vantaggio del legno lor non valse,
O perchè contra quattro fosson diece:
Con tanta forza e tanto ardir gli assalse!
Fe di negra parer rossa la pece,
E rosseggiare intorno l’acque salse;
Chè da prora e da poppa e dalle sponde
Molti a gran colpi fe saltar nell’onde.
27 Fattosi piazza, e visto sul naviglio
Che non era uom se non de’ suoi rimaso,
Ad una scala corse a dar di piglio,
Per montar sopra quel di maggior vaso;
Ma veduto Riccardo il gran periglio
In che correr potea, provvide al caso:
Fu la provvisïon per lui sicura,
Ma mostrò di pochi altri tener cura.
28 Mentre i compagni difendeano il loco,
Andò agli schifi e fe gettargli all’acque:
Quattro o sei n’avvisò; ma il numer poco
Fu verso agli altri a chi la cosa tacque.
Poi fe in più parti al legno porre il foco,
Ch’ivi non molto addormentato giacque;
Ma di Ruggier la nave accese ancora,
E dalle poppe andò sin alla prora.
29 Riccardo si salvò dentro ai battelli,
E seco alcuni suoi ch’ebbe più cari;
E sopra un legno si fe por di quelli
Ch’in sua conserva avean solcati i mari:
Indi mandò tutti i minor vascelli
A trarre i suoi dei salsi flutti amari;
Che per fuggír l’ardente dio di Lenno
In braccio a Teti ad a Nettun si dênno.
30 Ruggier non avea schifo ove salvarse,
Chè, come ho detto, il suo mandato avea
A salutar Riccardo ed allegrarse
Di quel di che doler più si dovea;
Nè all’altre navi sue, ch’erano sparse
Per tutto il mar, ricorso aver potea:
Sì che, tardando un poco, ha da morire
Nel foco quivi, o in mar, se vuol fuggire.