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canto terzo. 77


96 A Sinibaldo, che così nomato
Era il scudier, con l’altre anco concesse
La gemma in che Vertunno era incantato,
Ma non sapendo quanto ella gli desse:
Nè sapendolo ancora a chi fu dato,
Con l’altre anella in dito se lo messe;
Stimòllo ed ebbe in prezzo, ma minore
Di quel ch’avría, sapendo il suo valore.

97 Pel Delfinato, indi per Linguadoca
Ne va, dove trovar spera il fratello,
Ch’avea Guascogna, e ne restava poca
Omai, ridotta al suo voler ribello.
Come la volpe che gallina od oca,
O lupo che ne porti via l’agnello,
Per macchie e luoghi ove in perpetuo adugge
L’ombra le pallide erbe, ascoso fugge;

98 Ella così dalle città si scosta
Quanto più può, nè dentro mura alloggia;
Ma dove trovi alcuna cosa1 posta
Fuor della gente, ivi si corca o appoggia:
Il giorno mangia e dorme e sta riposta;
La notte al cammin suo poi scende e poggia:
Le par mill’anni ogni ora che ’l ribaldo
S’indugi a dar prigione al suo Rinaldo.

99 Come animal salvatico, ridotto
Pur dianzi in gabbia o in luogo chiuso e forte,
Corre di qua e di là, corre di sotto,
Corre di sopra, e non trova le porte;
Così Gano, vedendosi condotto
Da’ suoi nemici a manifesta morte,
Cercava col pensier tutti li modi
Che lo potesson trar fuor di tai nodi.

100 Pur la guardia gli lascia un dì tant’agio,
Che dà dell’esser suo notizia a un oste;
E gli promette trarlo di disagio
S’andar vuol a Bajona per le poste,
Ed a Lupo figliuol di Bertolagio
Far che non sian le sue miserie ascoste;


  1. Il Barotti, seguito anche dal Molini, così giustifica la preferita lezione: «Alcune edizioni hanno casa; ma cosa comprende qualunque riparo, come tugurio, grotta, albero frondoso; e non le sole case.»