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canto trentesimoquinto 63


20
     E come qua su i corvi e gli avoltori
e le mulacchie e gli altri varii augelli
s’affaticano tutti per trar fuori
de l’acqua i nomi che veggion piú belli:
cosí lá giú ruffiani, adulatori,
buffon, cinedi, accusatori, e quelli
che viveno alle corti e che vi sono
piú grati assai che ’l virtuoso e ’l buono,

21
     e son chiamati cortigian gentili,
perché sanno imitar l’asino e ’l ciacco;
de’ lor signor, tratto che n’abbia i fili
la giusta Parca, anzi Venere e Bacco,
questi di ch’io ti dico, inerti e vili,
nati solo ad empir di cibo il sacco,
portano in bocca qualche giorno il nome;
poi ne l’oblio lascian cader le some.

22
     Ma come i cigni che cantando lieti
rendeno salve le medaglie al tempio,
cosí gli uomini degni da’ poeti
son tolti da l’oblio, piú che morte empio.
Oh bene accorti principi e discreti,
che seguite di Cesare l’esempio,
e gli scrittor vi fate amici, donde
non avete a temer di Lete l’onde!

23
     Son, come i cigni, anco i poeti rari,
poeti che non sian del nome indegni;
sí perché il ciel degli uomini preclari
non pate mai che troppa copia regni,
sí per gran colpa dei signori avari
che lascian mendicare i sacri ingegni;
che le virtú premendo, et esaltando
i vizii, caccian le buone arti in bando.