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360 canto


8
     Iulia Gonzaga, che dovunque il piede
volge, e dovunque i sereni occhi gira,
non pur ogn’altra di beltá le cede,
ma, come scesa dal ciel dea, l’ammira.
La cognata è con lei, che di sua fede
non mosse mai, perché l’avesse in ira
Fortuna che le fe’ lungo contrasto.
Ecco Anna d’Aragon, luce del Vasto;

9
     Anna, bella, gentil, cortese e saggia,
di castitá, di fede e d’amor tempio.
La sorella è con lei, ch’ove ne irraggia
l’alta beltá, ne pate ogn’altra scempio.
Ecco chi tolto ha da la scura spiaggia
di Stige, e fa con non piú visto esempio,
mal grado de le Parche e de la Morte,
splender nel ciel l’invitto suo consorte.

10
     Le Ferrarese mie qui sono, e quelle
de la corte d’Urbino; e riconosco
quelle di Mantua, e quante donne belle
ha Lombardia, quante il paese tósco.
Il cavallier che tra lor viene, e ch’elle
onoran sí, s’io non ho l’occhio losco,
da la luce offuscato de’ bei volti,
è ’l gran lume aretin, l’Unico Accolti.

11
     Benedetto, il nipote, ecco lá veggio,
c’ha purpureo il capel, purpureo il manto,
col Cardinal di Mantua e col Campeggio,
gloria e splendor del consistorio santo:
e ciascun d’essi noto (o ch’io vaneggio)
al viso e ai gesti rallegrarsi tanto
del mio ritorno, che non facil parmi
ch’io possa mai di tanto obligo trarmi.