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quarantesimoquarto 311


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     Né negar, né mostrarsene contenta
s’ardisce; e sol sospira, e non risponde:
poi quando è in luogo ch’altri non la senta,
versan lacrime gli occhi a guisa d’onde;
e parte del dolor che la tormenta,
sentir fa al petto et alle chiome bionde,
che l’un percuote, e l’altro straccia e frange;
e cosí parla, e cosí seco piange:

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     — Ahimè! vorrò quel che non vuol chi deve
poter del voler mio piú che poss’io?
Il voler di mia madre avrò in sí lieve
stima, ch’io lo posponga al voler mio?
Deh! qual peccato puote esser sí grieve
a una donzella, qual biasmo sí rio,
come questo sará, se, non volendo
chi sempre ho da ubbidir, marito prendo?

42
     Avrá, misera me! dunque possanza
la materna pietá, ch’io t’abandoni,
o mio Ruggiero, e ch’a nuova speranza,
a desir nuovo, a nuovo amor mi doni?
O pur la riverenzia e l’osservanza
ch’ai buoni padri denno i figli buoni,
porrò da parte, e solo avrò rispetto
al mio bene, al mio gaudio, al mio diletto?

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     So quanto, ahi lassa! debbo far, so quanto
di buona figlia al debito conviensi;
io ’l so: ma che mi val, se non può tanto
la ragion, che non possino piú i sensi?
s’Amor la caccia e la fa star da canto,
né lassa ch’io disponga, né ch’io pensi
di me dispor, se non quanto a lui piaccia,
e sol, quanto egli detti, io dica e faccia?