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306 canto


20
     L’armata che i pagan roppe ne l’onde,
giá rimandata avea il figliuol d’Ugiero;
di cui, nuovo miracolo, le sponde
(tosto che ne fu uscito il popul nero)
e le poppe e le prore mutò in fronde,
e ritornolle al suo stato primiero:
poi venne il vento, e come cosa lieve
levolle in aria, e fe’ sparire in breve.

21
     Chi a piedi e chi in arcion tutte partita
d’Africa fêr le nubïane schiere.
Ma prima Astolfo si chiamò infinita
grazia al Senapo et immortale avere;
che gli venne in persona a dare aita
con ogni sforzo et ogni suo potere.
Astolfo lor ne l’uterino claustro
a portar diede il fiero e turbido austro.

22
     Negli utri, dico, il vento diè lor chiuso,
ch’uscir di mezzodí suol con tal rabbia,
che muove a guisa d’onde, e leva in suso,
e ruota fin in ciel l’arrida sabbia;
acciò se lo portassero a lor uso,
che per camino a far danno non abbia;
e che poi, giunti ne la lor regione,
avessero a lassar fuor di prigione.

23
     Scrive Tarpino, come furo ai passi
de l’alto Atlante, che i cavalli loro
tutti in un tempo diventaron sassi;
sí che, come venir, se ne tornoro.
Ma tempo è omai ch’Astolfo in Francia passi;
e cosí, poi che del paese moro
ebbe provisto ai luoghi principali,
all’ippogrifo suo fe’ spiegar l’ali.