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282 canto


124
     A chiamar la patrona andò il famiglio,
per far di lei quanto il signor commesse.
Dato prima al suo cane ella di piglio,
montò a cavallo et a camin si messe.
L’avea il cane avisata del periglio,
ma che d’andar per questo ella non stesse;
ch’avea ben disegnato e proveduto
onde nel gran bisogno avrebbe aiuto.

124
     Levato il servo del camino s’era;
e per diverse e solitarie strade
a studio capitò su una riviera
che d’Apennino in questo fiume cade;
ov’era bosco e selva oscura e nera,
lungi da villa e lungi da cittade.
Gli parve loco tacito e disposto
per l’effetto crudel che gli fu imposto.

126
     Trasse la spada, e alla padrona disse
quanto commesso il suo signor gli avea;
sí che chiedesse, prima che morisse,
perdono a Dio d’ogni sua colpa rea.
Non ti so dir com’ella si coprisse:
quando il servo ferirla si credea,
piú non la vide, e molto d’ogn’intorno
L’andò cercando, e al fin restò con scorno.

127
     Torna al patron con gran vergogna et onta,
tutto attonito in faccia e sbigottito;
e l’insolito caso gli racconta,
ch’egli non sa come si sia seguito.
Ch’a’ suoi servigi abbia la moglie pronta
la fata Manto, non sapea il marito;
che la balia onde il resto avea saputo,
questo, non so perché, gli avea taciuto.