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quarantesimoterzo 277


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     E perché so che ne l’antiquo nodo,
in che giá Amor t’avinse, anco ti trovi,
voglioti dimostrar l’ordine e ’l modo
ch’a disbramar tuoi desiderii giovi.
Io voglio, or che lontano il marito odo,
che senza indugio il mio consiglio provi;
vadi a trovar la donna che dimora
fuori alla villa, e sarò teco io ancora. —

105
     E seguitò narrandogli in che guisa
alla sua donna vuol che s’appresenti;
dico come vestir, come precisa-
mente abbia a dir, come la prieghi e tenti;
e che forma essa vuol pigliar, devisa;
che, fuor che ’l giorno ch’erra tra serpenti,
in tutti gli altri si può far, secondo
che piú le pare, in quante forme ha il mondo.

106
     Messe in abito lui di peregrino
il qual per Dio di porta in porta accatti:
mutosse ella in un cane, il piú piccino
di quanti mai n’abbia Natura fatti,
di pel lungo, piú bianco ch’armellino,
di grato aspetto e di mirabili atti.
Cosí trasfigurato, entraro in via
verso la casa de la bella Argia:

107
     e dei lavoratori alle capanne,
prima ch’altrove, il giovene fermosse;
e cominciò a sonar certe sue canne,
al cui suono danzando il can rizzosse.
La voce e ’l grido alla padrona vanne,
e fece sí, che per veder si mosse.
Fece il romeo chiamar ne la sua corte,
sí come del dottor traea la sorte.