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quarantesimoterzo 257


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     Un dí che mi trovò fuor del palagio
la maga, che nomata era Melissa,
e mi poté parlare a suo grande agio,
modo trovò da por mia pace in rissa,
e con lo spron di gelosia malvagio
cacciar del cor la fé che v’era fissa.
Comincia a comendar la intenzïon mia,
ch’io sia fedele a chi fedel mi sia.

25
     — Ma che ti sia fedel, tu non puoi dire,
prima che di sua fé prova non vedi.
S’ella non falle, e che potria fallire,
che sia fedel, che sia pudica credi.
Ma se mai senza te non la lasci ire,
se mai vedere altr’uom non le conciedi,
onde hai questa baldanza, che tu dica
e mi vogli affermar che sia pudica?

26
     Scostati un poco, scostati da casa;
fa che le cittadi odano e i villaggi,
che tu sia andato, e ch’ella sia rimasa;
agli amanti dá commodo e ai messaggi.
S’a prieghi, a doni non fia persuasa
di fare al letto maritale oltraggi,
e che, facendol, creda che si cele,
allora dir potrai che sia fedele. —

27
     Con tal parole e simili non cessa
l’incantatrice, fin che mi dispone
che de la donna mia la fede espressa
veder voglia e provare a paragone.
— Ora pogniamo (le soggiungo) ch’essa
sia qual non posso averne opinïone:
come potrò di lei poi farmi certo
che sia di punizion degna o di merto? —