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CANTO QUARANTESIMOTERZO

1
     O esecrabile Avarizia, o ingorda
fame d’avere, io non mi maraviglio
ch’ad alma vile e d’altre macchie lorda,
sí facilmente dar possi di piglio;
ma che meni legato in una corda,
e che tu impiaghi del medesmo artiglio
alcun, che per altezza era d’ingegno,
se te schivar potea, d’ogni onor degno.

2
     Alcun la terra e ’l mare e ’l ciel misura,
e render sa tutte le cause a pieno
d’ogni opra, d’ogni effetto di Natura,
e poggia sí ch’a Dio riguarda in seno;
e non può aver piú ferma e maggior cura,
morso dal tuo mortifero veleno,
ch’unir tesoro: e questo sol gli preme,
e ponvi ogni salute, ogni sua speme.

3
     Rompe eserciti alcuno, e ne le porte
si vede entrar di bellicose terre,
et esser primo a porre il petto forte,
ultimo a trarre, in perigliose guerre;
e non può riparar che sino a morte
tu nel tuo cieco carcere noi serre.
Altri d’altre arti e d’altri studi industri,
oscuri fai, che sarian chiari e illustri.