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quarantesimoprimo 219


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     e nel volto e nel petto e ne la coscia
lasciò ferito il re di Sericana,
di cui non fu mai tratto sangue, poscia
ch’ebbe quell’arme: or gli par cosa strana
che quella spada (e n’ha dispetto e angoscia)
le tagli or sí; né pur è Durindana.
E se piú lungo il colpo era o piú appresso,
l’avria dal capo insino al ventre fesso.

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     Non bisogna piú aver ne l’arme fede,
come avea dianzi; che la prova è fatta.
Con piú riguardo e piú ragion procede,
che non solea; meglio al parar si adatta.
Brandimarte ch’Orlando entrato vede,
che gli ha di man quella battaglia tratta,
si pone in mezzo all’una e all’altra pugna,
perché in aiuto, ove è bisogno, giugna.

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     Essendo la battaglia in tale istato,
Sobrin, ch’era giaciuto in terra molto,
si levò, poi ch’in sé fu ritornato;
e molto gli dolea la spalla e ’l volto:
alzò la vista e mirò in ogni lato;
poi dove vide il suo signor, rivolto,
per dargli aiuto i lunghi passi torse
tacito sí, ch’alcun non se n’accorse.

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     Vien dietro ad Olivier che tenea gli occhi
al re Agramante e poco altro attendea;
e gli ferí nei deretan ginocchi
il destrier di percossa in modo rea,
che senza indugio è forza che trabocchi.
Cade Olivier, né ’l piede aver potea,
il manco piè, ch’al non pensato caso
sotto il cavallo in staffa era rimaso.