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trentesimonono 167


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     Orlando che si vide fare il cerchio,
menò il baston da disperato e folle;
et a Dudon che si facea coperchio
al capo de lo scudo et entrar volle,
fe’ sentir ch’era grave di soperchio:
e se non che Olivier col brando tolle
parte del colpo, avria il bastone ingiusto
rotto lo scudo, l’elmo, il capo e il busto.

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     Lo scudo roppe solo, e su l’elmetto
tempestò sí, che Dudon cadde in terra.
Menò la spada a un tempo Sansonetto;
e del baston piú di duo braccia afferra
con valor tal, che tutto il taglia netto.
Brandimarte ch’adosso se gli serra,
gli cinge i fianchi, quanto può, con ambe
le braccia, e Astolfo il piglia ne le gambe.

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     Scuotesi Orlando, e lungi dieci passi
da sé l’Inglese fe’ cader riverso:
non fa però che Brandimarte il lassi,
che con piú forza l’ha preso a traverso.
Ad Olivier che troppo inanzi fassi,
menò un pugno sí duro e sí perverso,
che lo fe’ cader pallido et esangue,
e dal naso e dagli occhi uscirgli il sangue.

51
     E se non era l’elmo piú che buono,
ch’avea Olivier, l’avria quel pugno ucciso:
cadde però, come se fatto dono
avesse de lo spirto al paradiso.
Dudone e Astolfo che levati sono,
ben che Dudone abbia gonfiato il viso,
e Sansonetto che ’l bel colpo ha fatto,
adosso a Orlando son tutti in un tratto.