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trentesimottavo 145


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     Dico cosí, per dimostrar che quello
ch’io dissi allora, e che ti voglio or dire,
né da viltade vien né da cor fello,
ma d’amor vero e da fedel servire.
Io ti conforto ch’al paterno ostello,
piú tosto che tu pòi, vogli redire;
che poco saggio si può dir colui
che perde il suo per acquistar l’altrui.

53
     S’acquisto c’è, tu ’l sai. Trentadui fummo
re tuoi vassalli a uscir teco del porto:
or, se di nuovo il conto ne rassummo,
c’è a pena il terzo, e tutto ’l resto è morto.
Che non ne cadan piú, piaccia a Dio summo:
ma se tu vuoi seguir, temo di corto,
che non ne rimarrá quarto né quinto;
e ’l miser popul tuo fia tutto estinto.

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     Ch’Orlando non ci sia, ne aiuta; ch’ove
sián pochi, forse alcun non ci saria.
Ma per questo il periglio non rimuove,
se ben prolunga nostra sorte ria.
Ecci Rinaldo, che per molte prove
mostra che non minor d’Orlando sia:
c’è il suo lignaggio e tutti i paladini,
timore eterno a’ nostri Saracini.

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     Et hanno appresso quel secondo Marte
(ben che i nimici al mio dispetto lodo),
io dico il valoroso Brandimarte,
non men d’Orlando ad ogni prova sodo;
del qual provata ho la virtude in parte,
parte ne veggo all’altrui spese et odo.
Poi son piú dí che non c’è Orlando stato;
e piú perduto abbián che guadagnato.