Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. III, 1928 – BEIC 1739118.djvu/127


trentesimosettimo 121


80
     Egli da la sua gente è sí temuto,
ch’uomo non fu ch’ardisse alzar la testa.
Fuggon le donne col popul minuto
fuor de la chiesa, e chi può uscir, non resta.
Quel pazzo impeto al fin fu ritenuto
dagli amici con prieghi e forza onesta,
e lasciando ogni cosa in pianto al basso,
fatto entrar ne la ròcca in cima al sasso.

81
     E tuttavia la colera durando,
di cacciar tutte per partito prese;
poi che gli amici e ’l populo pregando,
che non ci uccise a fatto, gli contese:
e quel medesmo dí fe’ andare un bando,
che tutte gli sgombrassimo il paese;
e darci qui gli piacque le confine.
Misera chi al castel piú s’avvicine!

82
     Da le mogli cosí furo i mariti,
da le madri cosí i figli divisi.
S’alcuni sono a noi venire arditi,
nol sappia giá chi Marganor n’avisi;
che di multe gravissime puniti
n’ha molti, e molti crudelmente uccisi.
Al suo castello ha poi fatto una legge,
di cui peggior non s’ode né si legge.

83
     Ogni donna che trovin ne la valle,
la legge vuol (ch’alcuna pur vi cade)
che percuotan con vimini alle spalle,
e la faccian sgombrar queste contrade:
ma scorciar prima i panni, e mostrar fálle
quel che Natura asconde et Onestade;
e s’alcuna vi va, ch’armata scorta
abbia di cavallier, vi resta morta.