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decimottavo 79


176
     Poi se ne vien dove col capo giace
appoggiato al barile il miser Grillo:
avealo vòto, e avea creduto in pace
godersi un sonno placido e tranquillo.
Troncògli il capo il Saracino audace:
esce col sangue il vin per uno spillo,
di che n’ha in corpo piú d’una bigoncia;
e di ber sogna, e Cloridan lo sconcia.

177
     E presso a Grillo, un Greco et un Tedesco
spenge in dui colpi, Andropono e Conrado,
che de la notte avean goduto al fresco
gran parte, or con la tazza, ora col dado:
felici, se vegghiar sapeano a desco
fin che de l’Indo il sol passassi il guado.
Ma non potria negli uomini il destino,
se del futuro ognun fosse indovino.

178
     Come impasto leone in stalla piena,
che lunga fame abbia smacrato e asciutto,
uccide, scanna, mangia, a strazio mena
l’infermo gregge in sua balía condutto;
cosí il crudel pagan nel sonno svena
la nostra gente, e fa macel per tutto.
La spada di Medoro anco non ebe;
ma si sdegna ferir l’ignobil plebe.

179
     Venuto era ove il duca di Labretto
con una dama sua dormia abbracciato;
e l’un con l’altro si tenea sí stretto,
che non saria tra lor l’aere entrato.
Medoro ad ambi taglia il capo netto.
Oh felice morire! oh dolce fato!
che come erano i corpi, ho cosí fede
ch’andâr l’alme abbracciate alla lor sede.