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CANTO DECIMOSETTIMO

1
     Il giusto Dio, quando i peccati nostri
hanno di remission passato il segno,
acciò che la giustizia sua dimostri
uguale alla pietá, spesso dá regno
a tiranni atrocissimi et a mostri,
e dá lor forza e di mal fare ingegno.
Per questo Mario e Silla pose al mondo,
e duo Neroni e Caio furibondo,

2
     Domizïano e l’ultimo Antonino;
e tolse da la immonda e bassa plebe,
et esaltò all’imperio Massimino;
e nascer prima fe’ Creonte a Tebe;
e diè Mezenzio al populo Agilino,
che fe’ di sangue uman grasse le glebe;
e diede Italia a tempi men remoti
in preda agli Unni, ai Longobardi, ai Goti.

3
     Che d’Atila dirò? che de l’iniquo
Ezzellin da Roman? che d’altri cento?
che dopo un lungo andar sempre in obliquo,
ne manda Dio per pena e per tormento.
Di questo abbián non pur al tempo antiquo,
ma ancora al nostro, chiaro esperimento,
quando a noi, greggi inutili e malnati,
ha dato per guardian lupi arrabbiati: