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trentesimoprimo 425


12
     Vuol Ricciardo, Viviano e Malagigi,
e l’un prima de l’altro essere in giostra:
ma Rinaldo pon fine ai lor litigi;
ch’inanzi a tutti armato si dimostra,
dicendo loro: — È tempo ire a Parigi;
e saria troppo la tardanza nostra,
s’io volesse aspettar fin che ciascuno
di voi fosse abbattuto ad uno ad uno. —

13
     Dissel tra sé, ma non che fosse inteso,
che saria stato agli altri ingiuria e scorno.
L’uno e l’altro del campo avea giá preso,
e si faceano incontra aspro ritorno.
Non fu Rinaldo per terra disteso,
che valea tutti gli altri ch’avea intorno;
le lance si fiaccâr, come di vetro,
né i cavallier si piegâr oncia a dietro.

14
     L’uno e l’altro cavallo in guisa urtosse,
che gli fu forza in terra a por le groppe.
Baiardo immantinente ridrizzosse,
tanto ch’a pena il correre interroppe.
Sinistramente sí l’altro percosse,
che la spalla e la schena insieme roppe.
Il cavallier che ’l destrier morto vede,
lascia le staffe et è subito in piede.

15
     Et al figlio d’Amon, che giá rivolto
tornava a lui con la man vòta, disse:
— Signore, il buon destrier che tu m’hai tolto,
perché caro mi fu mentre che visse,
mi faria uscir del mio debito molto,
se cosí invendicato si morisse:
sí che vientene, e fa ciò che tu puoi,
perché battaglia esser convien tra noi. —