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ventesimosesto 283


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     Come di questi il cavallier s’accorse,
che stavan per ferir quivi su l’ale,
in prova disegnò di voler porse,
s’alla sembianza avean virtude uguale.
— È di voi (disse loro) alcuno forse
che provar voglia chi di noi piú vale
a’ colpi o de la lancia o de la spada,
fin che l’un resti in sella e l’altro cada? —

5
     — Farei (disse Aldigier) teco, o volessi
menar la spada a cerco, o correr l’asta;
ma un’altra impresa che, se qui tu stessi,
veder potresti, questa in modo guasta,
ch’a parlar teco, non che ci traessi
a correr giostra, a pena tempo basta:
seicento uomini al varco, o piú, attendiamo,
coi qua’ d’oggi provarci obligo abbiamo.

6
     Per tor lor duo de’ nostri che prigioni
quinci trarran, pietade e amor n’ha mosso. —
E seguitò narrando le cagioni
che li fece venir con l’arme indosso.
— Sí giusta è questa escusa che m’opponi
(disse il guerrier), che contradir non posso;
e fo certo giudicio che voi siate
tre cavallier che pochi pari abbiate.

7
     Io chiedea un colpo o dui con voi scontrarme,
per veder quanto fosse il valor vostro;
ma quando all’altrui spese dimostrarme
lo vogliate, mi basta, e piú non giostro.
Vi priego ben, che por con le vostr’arme
quest’elmo io possa e questo scudo nostro;
e spero dimostrar, se con voi vegno,
che di tal compagnia non sono indegno. —