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248 canto


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     A questo la mestissima Issabella,
declinando la faccia lacrimosa
e congiungendo la sua bocca a quella
di Zerbin, languidetta come rosa,
rosa non colta in sua stagion, sí ch’ella
impallidisca in su la siepe ombrosa,
disse: — Non vi pensate giá, mia vita,
far senza me quest’ultima partita.

81
     Di ciò, cor mio, nessun timor vi tocchi;
ch’io vo’ seguirvi o in cielo o ne lo ’nferno.
Convien che l’uno e l’altro spirto scocchi,
insieme vada, insieme stia in eterno.
Non sí tosto vedrò chiudervi gli occhi,
o che m ucciderá il dolore interno,
o se quel non può tanto, io vi prometto
con questa spada oggi passarmi il petto.

82
     De’ corpi nostri ho ancor non poca speme,
che me’ morti che vivi abbiati ventura.
Qui forse alcun capiterá, ch’insieme,
mosso a pietá, dará lor sepoltura. —
Cosí dicendo, le reliquie estreme
de lo spirto vital che morte fura,
va ricogliendo con le labra meste,
fin ch’una minima aura ve ne reste.

83
     Zerbin la debol voce riforzando,
disse: — Io vi priego e supplico, mia diva,
per quello amor che mi mostraste, quando
per me lasciaste la paterna riva:
e se commandar posso, io vel commando,
che fin che piaccia a Dio, restiate viva;
né mai per caso pogniate in oblio
che quanto amar si può, v’abbia amato io.