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canto ventesimoquarto 237


36
     Il palafren, ch’udito di lontano
avea quest’altri, era tra lor venuto,
e la vecchia portatavi, ch’invano
venía piangendo e domandando aiuto.
Come Zerbin lei vide, alzò la mano
al ciel che sí benigno gli era suto,
che datogli in arbitrio avea que’ dui
che soli odiati esser dovean da lui.

37
     Zerbin fa ritener la mala vecchia,
tanto che pensi quel che debba farne:
tagliarle il naso e l’una e l’altra orecchia
pensa, et esempio a’ malfattori darne;
poi gli par assai meglio, s’apparecchia
un pasto agli avoltoi di quella carne.
Punizïon diversa tra sé volve;
e cosí finalmente si risolve.

38
     Si rivolta ai compagni, e dice: — Io sono
di lasciar vivo il disleal contento;
che s’in tutto non merita perdono,
non merita anco sí crudel tormento.
Che viva e che slegato sia gli dono,
però ch’esser d’Amor la colpa sento;
e facilmente ogni scusa s’ammette,
quando in Amor la colpa si reflette.

39
     Amore ha volto sottosopra spesso
senno piú saldo che non ha costui,
et ha condotto a via maggiore eccesso
di questo, ch’oltraggiato ha tutti nui.
Ad Odorico debbe esser rimesso:
punito esser debbo io, che cieco fui,
cieco a dargline impresa, e non por mente
che ’l fuoco arde la paglia facilmente. —