Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. II, 1928 – BEIC 1738143.djvu/14

8 canto


28
     Piantare i padiglioni, e le cortine
fra gli arbori tirar facemo lieti.
S’apparechiano i fuochi e le cucine;
le mense d’altra parte in su tapeti.
Intanto il re cercando alle vicine
valli era andato e a’ boschi piú secreti,
se ritrovasse capre o daini o cervi;
e l’arco gli portâr dietro duo servi.

29
     Mentre aspettamo, in gran piacer sedendo,
che da cacciar ritorni il signor nostro,
vedemo l’Orco a noi venir correndo
lungo il lito del mar, terribil mostro.
Dio vi guardi, signor, che ’l viso orrendo
de l’Orco agli occhi mai vi sia dimostro:
meglio è per fama aver notizia d’esso,
ch’andargli, sí che lo veggiate, appresso.

30
     Non gli può comparir quanto sia lungo,
sí smisuratamente è tutto grosso.
In luogo d’occhi, di color di fungo
sotto la fronte ha duo coccole d’osso.
Verso noi vien (come vi dico) lungo
il lito, e par ch’un monticel sia mosso.
Mostra le zanne fuor, come fa il porco;
ha lungo il naso, il sen bavoso e sporco.

31
     Correndo viene, e ’l muso a guisa porta
che ’l bracco suol, quando entra in su la traccia.
Tutti che lo veggiam, con faccia smorta
in fuga andamo ove il timor ne caccia.
Poco il veder lui cieco ne conforta,
quando, fiutando sol, par che piú faccia,
ch’altri non fa, ch’abbia odorato e lume:
e bisogno al fuggire eran le piume.