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decimonono 95


44
     Castello e ballador spezza e fraccassa
l’onda nimica e ’l vento ognor piú fiero:
se parte ritta il verno pur ne lassa,
la taglia e dona al mar tutta il nocchiero.
Chi sta col capo chino in una cassa
su la carta appuntando il suo sentiero
a lume di lanterna piccolina,
e chi col torchio giú ne la sentina.

45
     Un sotto poppe, un altro sotto prora
si tiene inanzi l’oriuol da polve;
e torna a rivedere ogni mezz’ora
quanto è giá corso, et a che via si volve:
indi ciascun con la sua carta fuora
a mezza nave il suo parer risolve,
lá dove a un tempo i marinari tutti
sono a consiglio dal padron ridutti.

46
     Chi dice: — Sopra Limissò venuti
siamo, per quel ch’io trovo, alle seccagne; —
chi: — Di Tripoli appresso i sassi acuti,
dove il mar le piú volte i legni fragne; —
chi dice: — Siamo in Satalia perduti,
per cui piú d’un nocchier sospira e piagne.—
Ciascun secondo il parer suo argomenta,
ma tutti ugual timor preme e sgomenta.

47
     Il terzo giorno con maggior dispetto
gli assale il vento, e il mar piú irato freme;
e l’un ne spezza e portane il trinchetto,
e ’l timon l’altro, e chi lo volge insieme.
Ben è di forte e di marmoreo petto
e piú duro ch’acciar, ch’ora non teme.
Marfisa, che giá fu tanto sicura,
non negò che quel giorno ebbe paura.