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quintodecimo 339


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     e che quindicimila suoi vasalli,
che son cristiani rinegati tutti,
con mogli, con famiglie e con cavalli
ha sotto un tetto sol quivi ridutti.
Astolfo veder vuole ove s’avalli,
e quanto il Nilo entri nei salsi flutti
a Damïata; ch’avea quivi inteso,
qualunque passa restar morto o preso.

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     Però ch’in ripa al Nilo in su la foce
si ripara un ladron dentro una torre,
ch’a paesani e a peregrini nuoce,
e fin al Cairo, ognun rubando, scorre.
Non gli può alcun resistere; et ha voce
che l’uom gli cerca invan la vita tôrre:
centomila ferite egli ha giá avuto,
né ucciderlo però mai s’è potuto.

66
     Per veder se può far rompere il filo
alla Parca di lui, sí che non viva,
Astolfo viene a ritrovare Orrilo
(cosí avea nome), e a Damïata arriva;
et indi passa ove entra in mare il Nilo,
e vede la gran torre in su la riva,
dove s’alberga l’anima incantata
che d’un folletto nacque e d’una fata.

67
     Quivi ritruova che crudel battaglia
era tra Orrilo e dui guerrieri accesa.
Orrilo è solo; e sí que’ dui travaglia,
ch’a gran fatica gli puon far difesa:
e quanto in arme l’uno e l’altro vaglia,
a tutto il mondo la fama palesa.
Questi erano i dui figli d’Olivero,
Grifone il bianco et Aquilante il nero.