Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. I, 1928 – BEIC 1737380.djvu/245


undecimo 239


64
     Le pruove gli narrò, che tante volte
ella d’amarlo dimostrato avea:
come i parenti e le sustanzie tolte
le furo, e al fin per lui morir volea;
e ch’esso testimonio era di molte,
e renderne buon conto ne potea.
Mentre parlava, i begli occhi sereni
de la donna di lagrime eran pieni.

65
     Era il bel viso suo, quale esser suole
da primavera alcuna volta il cielo,
quando la pioggia cade, e a un tempo il sole
si sgombra intorno il nubiloso velo.
E come il rosignuol dolci carole
mena nei rami alor del verde stelo,
cosí alle belle lagrime le piume
si bagna Amore, e gode al chiaro lume.

66
     E ne la face de’ begli occhi accende
l’aurato strale, e nel ruscello amorza,
che tra vermigli e bianchi fiori scende:
e temprato che l’ha, tira di forza
contra il garzon, che né scudo difende
né maglia doppia né ferigna scorza;
che mentre sta a mirar gli occhi e le chiome,
si sente il cor ferito, e non sa come.

67
     Le bellezze d’Olimpia eran di quelle
che son piú rare: e non la fronte sola,
gli occhi e le guancie e le chiome avea belle,
la bocca, il naso, gli omeri e la gola;
ma discendendo giú da le mammelle,
le parti che solea coprir la stola,
fur di tanta escellenzia, ch’anteporse
a quante n’avea il mondo potean forse.