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158 canto


44
     Se l’affogarmi in mar morte non era
a tuo senno crudel, pur ch’io ti sazii,
non recuso che mandi alcuna fera
che mi divori, e non mi tenga in strazii.
D’ogni martír che sia, pur ch’io ne pèra,
esser non può ch’assai non ti ringrazii. —
Cosí dicea la donna con gran pianto,
quando le apparve l’eremita accanto.

45
     Avea mirato da l’estrema cima
d’un rilevato sasso l’eremita
Angelica, che giunta alla parte ima
è de lo scoglio, afflitta e sbigottita.
Era sei giorni egli venuto prima;
ch’un demonio il portò per via non trita:
e venne a lei fingendo divozione
quanta avesse mai Paulo o Ilarïone.

46
     Come la donna il cominciò a vedere,
prese, non conoscendolo, conforto;
e cessò a poco a poco il suo temere,
ben che ella avesse ancora il viso smorto.
Come fu presso, disse: — Miserere,
padre, di me, ch’i’ son giunta a mal porto. —
E con voce interrotta dal singulto
gli disse quel ch’a lui non era occulto.

47
     Comincia l’eremita a confortarla
con alquante ragion belle e divote;
e pon l’audaci man, mentre che parla,
or per lo seno, or per l’umide gote:
poi piú sicuro va per abbracciarla;
et ella sdegnosetta lo percuote
con una man nel petto, e lo rispinge,
e d’onesto rossor tutta si tinge.