Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. I, 1928 – BEIC 1737380.djvu/146

140 canto


56
     Ne la forma d’Atlante se gli affaccia
colei, che la sembianza ne tenea,
con quella grave e venerabil faccia
che Ruggier sempre riverir solea,
con quello occhio pien d’ira e di minaccia,
che sí temuto giá fanciullo avea;
dicendo: — È questo dunque il frutto ch’io
lungamente atteso ho del sudor mio?

57
     Di medolle giá d’orsi e di leoni
ti porsi io dunque li primi alimenti;
t’ho per caverne et orridi burroni
fanciullo avezzo a strangolar serpenti,
pantere e tigri disarmar d’ungioni
et a vivi cingial trar spesso i denti,
acciò che, dopo tanta disciplina,
tu sii l’Adone o l’Atide d’Alcina?

58
     È questo, quel che l’osservate stelle,
le sacre fibre e gli accoppiati punti,
responsi, augúri, sogni e tutte quelle
sorti, ove ho troppo i miei studi consunti,
di te promesso sin da le mammelle
m’avean, come quest’anni fusser giunti:
ch’in arme l’opre tue cosí preclare
esser dovean, che sarian senza pare?

59
     Questo è ben veramente alto principio
onde si può sperar che tu sia presto
a farti un Alessandro, un Iulio, un Scipio!
Chi potea, ohimè! di te mai creder questo,
che ti facessi d’Alcina mancipio?
E perché ognun lo veggia manifesto,
al collo et alle braccia hai la catena
con che ella a voglia sua preso ti mena.