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sesto 111


24
     E quivi appresso ove surgea una fonte
cinta di cedri e di feconde palme,
pose lo scudo, e l’elmo da la fronte
si trasse, e disarmossi ambe le palme;
et ora alla marina et ora al monte
volgea la faccia all’aure fresche et alme,
che l’alte cime con mormorii lieti
fan tremolar dei faggi e degli abeti.

25
     Bagna talor ne la chiara onda e fresca
l’asciutte labra, e con le man diguazza,
acciò che de le vene il calore esca
che gli ha acceso il portar de la corazza.
Né maraviglia è giá ch’ella gl’incresca;
che non è stato un far vedersi in piazza:
ma senza mai posar, d’arme guernito,
tremila miglia ognor correndo era ito.

26
     Quivi stando, il destrier ch’avea lasciato
tra le piú dense frasche alla fresca ombra,
per fuggir si rivolta, spaventato
di non so che, che dentro al bosco adombra:
e fa crollar sí il mirto ove è legato,
che de le frondi intorno il piè gli ingombra:
crollar fa il mirto e fa cader la foglia;
né succede però che se ne scioglia.

27
     Come ceppo talor, che le medolle
rare e vòte abbia, e posto al fuoco sia,
poi che per gran calor quell’aria molle
resta consunta ch’in mezzo l’empía,
dentro risuona e con strepito bolle
tanto che quel furor truovi la via;
cosí murmura e stride e si coruccia
quel mirto offeso, e al fine apre la buccia.