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102 canto


84
     L’altro non sa se s’abbia dritto o torto;
ma sol per gentilezza e per bontade
in pericol si è posto d’esser morto,
per non lasciar morir tanta beltade.
Io la salute all’innocenzia porto;
porto il contrario a chi usa falsitade.
Ma, per Dio, questa pugna prima parti,
poi mi dá audienza a quel ch’io vo’ narrarti. —

85
     Fu da l’autoritá d’un uom sí degno,
come Rinaldo gli parea al sembiante,
sí mosso il re, che disse e fece segno
che non andasse piú la pugna inante;
al quale insieme et ai baron del regno
e ai cavallieri e all’altre turbe tante
Rinaldo fe’ l’inganno tutto espresso,
ch’avea ordito a Ginevra Polinesso.

86
     Indi s’offerse di voler provare
coll’arme, ch’era ver quel ch’avea detto.
Chiamasi Polinesso; et ei compare,
ma tutto conturbato ne l’aspetto:
pur con audacia cominciò a negare.
Disse Rinaldo: — Or noi vedrem l’effetto. —
L’uno e l’altro era armato, il campo fatto,
sí che senza indugiar vengono al fatto.

87
     Oh quanto ha il re, quanto ha il suo popul caro
che Ginevra a provar s’abbi innocente!
tutti han speranza che Dio mostri chiaro
ch’impudica era detta ingiustamente.
Crudel, superbo e riputato avaro
fu Polinesso, iniquo e fraudolente;
sí che ad alcun miracolo non fia,
che l’inganno da lui tramato sia.