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iv - capitoli 77

     Lor debito seria da le radici
le malediche lingue sveller tosto,
che de’ falsi rumor sono inventrici.
     Qual altro piú a martir debbe esser posto
35di quel ch’a donna abbia con falsi gridi
biasmo, di ch’essa sia innocente, imposto?
     Peggio è che furti, e peggio è che omicidi,
macchiar l’onor, che di ricchezza e vita
sempre stimar piú tra li saggi vidi.
     40Se per sentirsi monda essere ardita
femina deve a far prova ch’in libro
meglio ch’in marmo abbia a restar sculpita;
     né a Tuccia che portò l’acqua nel cribro,
né cedo a quella Claudia che ’l naviglio
45de la madre di dèi trasse pel Tibro.
     Al ferro, al foco, al tosco, a ogni periglio
chieggio d’espormi, per mostrar ch’a torto
110da portar per questo basso il ciglio.
     Se non indegnamente in viso porto
50cosí importuna macchia, che potermi
con poca acqua lavar pur mi conforto,
     cresca sí che mi copra e poi si fermi,
né mai piú mi si lievi e tutto il mondo
in ignominia sempre abbia a vedermi,
     55e sèguiti il martir, non pur secondo
che fará degno il fallo, ma il piú grave
ch’abbia l’inferno al tenebroso fondo;
     ma se sí mente chi incolpata m’ave;
come è sincero il cor, cosí di fuore
60ogni bruttezza presto mi si lave;
     e tutto quel martir ch’a tanto errore
si converria, veggia cader su l’empio
che de la falsa accusa è stato autore;
     sí che ne pigli ogni bugiardo essempio.