E prima ad un baron di molta fama
entra nel cuor, che del delfin di Vienna 105era fratel e Carbilan si chiama;
che morto, l’anno inanzi, in ripa a Senna
ave il conte d’Olanda e rotti e sparsi
fiamenghi e barbatini e quei d’Ardenna.
Stimò costui gran scorno e ingiuria farsi 110a Franza, quando inanzi a’ guerrier sui
li guerrieri d’Italia eran comparsi;
e pregò il re che non desse in altrui
che ne le mani sue quella battaglia,
o ad altri di nazion subietta a lui; 115e che per certo in vestir piastra e maglia
a gran bisogni, fuor che la francesca,
altra gente non dé’ creder che vaglia.
A un capitan di fanteria tedesca,
che si ritruova quivi, tal parola 120soffrendo, par ch’a gran disnor riesca.
E similmente a questo detto vola
la mosca sopra il naso d’Agenorre,
gran conduttor di compagnia spagnuola.
Rispondendo ambidui che. se per porre 125contra Aramon si debbe cavalliero
de la meglior d’ogni nazione tòrre,
ciascun per sé si proferiva al vero
parangone de l’arme, a mostrar chiaro
che di sua gente esser dovea il guerriero. 130Obizzo, de l’onor d’Italia avaro
e del suo proprio, e quinci e quindi offeso
da quel parlar via piú ch’assenzo amaro,
rispose: — Tosto ch’avrò morto o preso,
come spero, Aramon, che non mi deve 135quel che m’ha il re donato, esser conteso,
farò a ciascun di voi veder in breve
che la mia gente al par d’ogn’altra vale
ad ogni assalto o faticoso o lieve. —