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iv - capitoli 65

     Giovan era robusto e di bon nerbo,
di gran statura e in ogni parte bella,
ma d’anni alquanto oltra il bisogno acerbo.
     70Un poco stette in dubbio il re se quella
pericolosa pugna esser dovesse
commessa ad un’incauta etá novella;
     poi, repetendo le vittorie spesse,
che dal patre alli figli e alli nepoti
75non men ch’ereditarie eran successe;
     onde li duci e cavallieri noti
de la stirpe da Este a tutto il mondo
lo fen sperar, ch’avrian effetto i voti;
     quella battaglia diede a lui, secondo
50che addimandolla; indi Obizzo espedia
l’arme con sicur animo e giocondo;
     avendo d’una robba, che vestia
quel giorno, molto ricca rimandato
l’araldo lieto alla sua compagnia.
     55L’aver l’audace giovan accettato
il grande invito d’Aramon facea
parlar di lui con laude in ogni lato;
     sì che ’l valor de’ principi premea,
come di Franza cosí d’altra gente,
90ch’apo sé in maggior grado il re tenea.
     Indi a figer nel cuor l’acuto dente
d’alcun guerrier incominciò l’eterna
stimulatrice, invidia, de la gente;
     non quella che s’alloggia in la caverna
95d’alpestra valle, in compagnia de Torse,
dove il sol mai non entra né lucerna;
     che da mangiar le serpi il muso torse,
allora che, chiamata da Minerva,
de l’infelice Aglauro il petto morse;
     100ma la gentil, che fra nobil caterva
di donne e cavallier ecceder brama
le laudi e le virtú ch’un altro osserva.