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44 | ii - sonetti |
XXXIV
Amore lo ha incatenato; perché non ferisce anche lei?
Privo d’ogni mio ben, sto pur fermato
in cieco laberinto di speranza,
e non m’aveggio ch’altro non m’avanza
4se non guerra, dolor e mortal stato.
Lasso! gli è pur gran duol l'esser ligato
da catena crudel; ogni possanza
dal disio vinto veggio. Ahi, cruda usanza!
8dura legge d’Amor! son pur sforzato.
Almen, poi che Fortuna d’alto seggio
m’ha posto in basso stato, se ti cale
11di mia misera morte, ciò ch’io cheggio
concedi, fiero veglio; un aureo strale
le punga il cor e siamo ambi a un pareggio,
14a ciò ne vada pur la pena e ’l male.
XXXV
È lontano da lei col cuore in tumulto.
Miser, fuor d’ogni ben, carco di doglia,
per questi aspri, selvaggi, orridi sassi,
or con sicuri, or con dubbiosi passi,
4mi vo struggendo d’empia, ardente voglia;
ch’altro cielo, altre mura ed altra soglia
chiude ’l mio cor e la mia Donna stassi
lontan, forse con gli occhi umidi e bassi,
8e a me di rivederla Amore invoglia.
Onde meco vaneggio e, pien di fele,
di gelosia, di noia e di martíri,
11empio l’aria di duol la notte e ’l giorno;
tal che l’accese, amare mie querele
e le nebbie atre e folte dei sospiri
14escon dei scogli e de le pietre intorno.